Ieri sono tornato dall’ufficio un po’ prima del solito, verso le cinque e mezza. In effetti ero fuori città per lavoro e non avevo voglio di rientrare in quel posto dove c’è il capo e tutti i colleghi pettegoli e poco simpatici. Così dritto a casa. L’entrata nella cucina era triste: qualche giorno fa sono ceduti i pensili. Meno male che sono rimasti appesi e non sono caduti. Mi toccava toglierli tutti e adesso aspetto la cucina nuova che dovrebbe arrivare alla fine del giugno. Avevo preso la birra dal frigo e sono andato al soggiorno a mettermi in poltrona davanti al televisore acceso. Sfogliati i canali principali, la mia attenzione è stata attirata da una trasmissione che parlava dell’ambiente, o meglio del suo inquinamento. Non sono uno che da troppa importanza all’argomento , ma quello che ho visto mia ha sconvolto in un certo senso e mi ha lasciato un’impronta forte.
Hanno fatto vedere alcuni esempi di inquinamento dei quali il più clamoroso è quello dell’oceano Pacifico. Là, nella zona del arcipelago hawaiano, c’è un’area enorme, di qualche centinaia di chilometri quadri, dove sotto la superficie dell’acqua galleggiano migliaia di centinai di resti in plastica, spesso molto sbriciolati. La percentuale di questa materia artificiale, non presente nella natura, supera più volte la percentuale del plancton oceanico. Molti degli abitanti dell’oceano ingoiano questa plastica insieme con i plancton. Alcuni muoiono a lungo termine ed alcuni nel frattempo finiscono sui nostri piatti, facendoci pagare direttamente in salute il danno che stiamo provocando. Son rimasto allibiti dalle immagini mostrate. Questa è l’area più grande del mondo, ma dicono che negli altri oceani sono presenti altre tre, tutte tenute ferme dalla circolazione delle correnti oceaniche.
Un altro servizio mostrava una città cinese, non mi ricordo il nome, verso sud-est del paese, sulla costa del mare Giallo. La finisce quasi tutta la roba informatica dismessa, da tutto il mondo. I computer, i monitor, le tastiere; disassemblano tutto per riciclaggio, dividendo le parti in plastica, da quelle in metallo e recuperano anche i materiali pregiati che si trovano nei circuiti stampati. Una città di un milione di abitanti, dove oltre un quarto della cittadinanza lavora nel campo del riciclaggio. Ed è tutto illegale in quanto le leggi internazionali, non firmate dagli Stati Uniti e dal Giappone, vietano trasferimento di questo tipo di rifiuti all’estero. Lo vieta anche la legge cinese, cioè l’importazione, ma visto che la Cina prende un sacco di soldi di quest’attività, i funzionari statali semplicemente chiudono gli occhi e non vedono i container pieni dei rifiuti informatici. Per chiudere meglio gli occhi, appena si apre un container si vede un mazzo di dollari.
Ragazzi, un disastro totale e qui c’è poco da fare; è tutto dovuto allo sfrenato consumismo, incalzato anche da tutti i governi. Vi ricordate la pubblicità quando uno esce dal negozio con la spesa e gli si avvicina uno dicendogli: grazie, stai aiutando l’economia del paese. Ma la quantità dei rifiuti che produce la nostra civiltà e davvero enorme e direi che prima o puoi diventerà insopportabile. In Italia abbiamo già avuto qualche assaggio a Napoli.